2025-03-20

Come ho costruito la dashboard analytics senza vendere l’anima a Google

Nel cuore oscuro del web, dove ogni tuo click è spiato da un’entità invisibile che sa più cose su di te della tua stessa madre, ho deciso di dire basta. Ed eccomi qui, con il mio piccolo, epico, sudatissimo trionfo: una dashboard analytics custom, privacy-friendly e senza l’ombra di un tracker maligno della Big Tech.

Sono pazzo? Forse. Ma ora posso guardare negli occhi i fanatici della privacy e dire: “Sono libero, fratelli!”

Il problema con le analytics standard

Prima di raccontarti come ho fatto, facciamo un bel reality check: il 99% dei siti usa Google Analytics. Perché? Perché è facile, potente e gratuito. Ma gratuito significa solo una cosa: i dati sei tu. Ogni visita al tuo sito diventa un’offerta sacrificale a un algoritmo oscuro che decide chi vedere, chi oscurare e chi deve essere sommerso di pubblicità su sturalavandini e cripto-truffe.

Le alternative? Ci sono, ma spesso sono poco documentate, complicate da implementare o semplicemente non abbastanza robuste per un utilizzo serio. E poi, diciamocelo, la comodità è un’arma a doppio taglio: ti fa restare legato a soluzioni che ti fanno sentire sicuro, mentre in realtà stai cedendo pezzi della tua anima digitale senza nemmeno accorgertene.

Quindi mi sono detto: “E se facessi di testa mia?”

Risposta breve: una settimana di battaglie. Risposta lunga: continua a leggere.

Missione impossibile: costruire un sistema di tracciamento da zero

Spoiler: non volevo reinventare la ruota. Volevo solo un sistema senza cookie, senza tracking invasivo e senza cedere il controllo a qualche entità transdimensionale (aka Google).

Quindi ho:

Il risultato? Una dashboard bella, funzionale e completamente mia. Puoi vederla in tutto il suo splendore qui: 404 Analytics 🎛️🔥

Errori, fail e momenti di puro terrore

Ovviamente, non sarebbe stata un’avventura epica senza un po’ di tragedia.

Ma alla fine, dopo aver litigato con Vercel, combattuto contro i JSON, sfidato la cache e sacrificato qualche ora di sonno, eccomi qui. Con una dashboard che funziona.

Il futuro dell’analisi dati ribelle

Cosa ho imparato? Che costruire un’alternativa indipendente è possibile. Che non devo per forza regalare i miei dati alla Silicon Valley. E che, se voglio fare le cose per bene, devo essere pronto a passare notti insonni combattendo con debug e documentazioni scritte da psicopatici.

Il bello di tutto questo? Ora posso monitorare il traffico in modo etico, sapere quanti utenti visitano il sito e cosa fanno, senza doverli trasformare in cavie da esperimento per il Grande Fratello Digitale. Ho il pieno controllo, e questo vale più di qualsiasi feature avanzata che Google potrebbe offrirmi.

Ovviamente, il lavoro non finisce qui. C’è sempre spazio per migliorare, aggiungere nuove metriche, magari creare un’interfaccia ancora più intuitiva. Ma per ora, posso dire di aver vinto una battaglia importante nella guerra per la privacy digitale.

Se vuoi vedere il mio capolavoro, lo trovi qui: 404 Analytics. E se hai un tuo sito, prova anche tu a liberarti dalle catene del tracciamento invasivo.

Oppure puoi continuare a usare Google Analytics e sperare che un giorno non venga a bussarti alla porta chiedendo indietro qualcosa. Spoiler: lo farà.





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